9 gennaio 2003
Oggi è il giorno di Nega. Ci svegliamo presto e ricominciamo a cercare delle tracce che siano più lunghe di 200 metri. Dopo qualche km finalmente il tracciato diventa chiaro e migliora mano a mano che ci avviciniamo a Boudeid. Acacie sparse, qualche piccolo accampamento. Sullo sfondo si staglia la montagna che nasconde la città. Alla periferia di Boumdeid troviamo un nuovo barrage che sbarra un ampia vallata. Il tempo di fermarsi a fare una foto e buchiamo.
Mentre ci diamo da fare si avvicinano due anziani ed eleganti locali. Uno di essi è l'ex sindaco. Ci racconta la storia dell'asfalto che dovrebbe legarli a Kiffa, promesso prima delle elezioni e mai realizzato. Governo islamico o (demo)cristiano, non cambia molto...
Arriviamo nel centro della città. Roberto passa alla gendarmeria per registrarci e chiedere le condizioni della pista. Pare che una macchina di locali abbia fatto il passo di Nega tre giorni prima, ma venendo da Tidjikja. Il prefetto ci augura buona fortuna ma non è convinto che passeremo. Toccando tutto il toccabile imbocchiamo la pista sabbiosa che, aggirando la falesia, ci porta fino al villaggio alla base del passo.
Sosta. Sgonfiaggio dei pneumatici. Lo scenario è grandioso. Ci troviamo circondati da falesie completamente insabbiate. Siamo tutti un po' emozionati. Il passo di Nega, classica della Paris-Dakar, è rinomato come difficile da passare. L'accesso al passo parte a sinistra della pista, subito prima del paese. Davanti a noi una conca insabbiata.
Approcciamo la salita portandoci in quota con un movimento circolare in senso orario, in modo da portarci già in quota sulla sinistra della conca, dove si trova la passe. Qui un insieme di dune molli ed in salita rende delicato il percorso. Va detto che siamo facilitati nella ricerca del giusto passaggio da alcune tracce abbastanza recenti (forse quelle della macchina segnalataci a Boumdeid) e che a quest'ora la sabbia è più compatta. Roberto, come sempre apre la carovana, noi siamo in coda. La rampa finale la affrontiamo a manetta e ci ritroviamo, come niente, sulla sommità. Fantastico, al primo colpo e senza infognarci.
Si prosegue sempre in quota con qualche passaggio non chiarissimo e poi inizia la discesa. Dopo una prima parte sabbiosa ci troviamo sull'orlo di una gorge. Sosta sui grandi pietroni a strapiombo. Proseguiamo, entriamo nel letto di un oued dove troviamo un pozzo con famiglia nomade che abbevera le bestie. La pista ora diventa sassosa, poi si corre su degli altopiani neri abbastanza scorrevoli. Pausa spuntino. Dobbiamo scendere dalla falesia ma, essendo la pista tracciata sulla roccia, ad un certo punto non troviamo il passaggio. Scendiamo a piedi a cercare una traccia. Per fortuna arriva un nomade, elegantissimo sul suo fido cammello. A gesti ci indica il passaggio. Era a 100 metri da noi. Siamo diventati orbi.
Discendiamo sulla piana sottostante e proseguiamo su pista verso El Gheddiya. Arrivativi chiediamo informazioni. Pippo rincorre e cazzia un bambino che ha cercato, senza riuscirvi di lapidare il suo Toy.
Proseguiamo ancora verso nord ed al villaggio seguente (non indicato sulle carte) imbocchiamo la pista che porta in direzione dell'asfalto che da Moudjeria porta a Tidjikja. Percorso abbastanza scorrevole che attraversa alcuni piccoli villaggi. Giungiamo infine all'asfalto. Verso nord a circa 15 km si trova Tidjikja. Noi andiamo a sud ovest. La strada è recente, ben asfaltata e scorrevole, ma occorre fare attenzione alle curve, sempre abbastanza secche. Il paesaggio intorno a noi è costituito da scuri rilievi ed ammassi di rocce disposte in modo caotico. Corriamo in direzione di Nbeika, piccolo paese agricolo al centro di una grande valle.
Acqua. Tanta. Imbocchiamo la pista che a sinistra dell'asfalto porta a Matmata.
Appena imboccata vediamo un lago (!) con asini che brucano erba palustre. Tutto intorno dune ed acacie con, sullo sfondo, le due falesie di roccia scura che cingono la vallata. La risaliamo lungo una pista sabbiosa che si snoda tra i recinti degli animali e gli orti. Per raggiungere il corso dello oued di Matmata bisogna tenersi sulla sinistra della valle, attraversando un punto completamente piatto, in direzione del villaggio. Superatolo ci si infila in un fitto palmeto e ci si trova nel corso del oued. Svolta a sinistra e risalita del corso fino a dove si infila in una gorge. Il posto è molto suggestivo, grazie anche all'orario serale che marca le ombre e riscalda la luce.
Con dei ragazzini che ci guidano risaliamo per qualche centinaio di metri la gorge. camminiamo su un fondo sabbioso irregolare, costellato di grandi massi arrotondati. Alla base di alcuni di essi delle pozze d'acqua verdastra in cui sguazzano dei piccoli pesci gatto. Il sole tramonta. Si levano i mosquitos e per questo motivo i ragazzini ci sconsigliano di fare campo nella gorge. Tornamo sui nostri passi lungo lo oued ed arrivati in corrispondenza della pista percorsa precedentemente ci portiamo sotto un palmeto che sorge sulla sponda alla nostra sinistra. Facciamo il campo, circondati dai bambini del luogo che, prima si siedono e guardano lo spettacolo dei turisti che montano il campo, poi tornano per inscenare il loro spettacolo per noi.
E' il nostro ultimo campo insieme. Domani il gruppo si dividerà: Pippo e Roberto accompagneranno i loro navigatori all'aeroporto di Nouakchott per poi proseguire in "solitaria" fino in Italia. Noi e gli Ape punteremo verso Dakar per spedire le nostre fuoristrada via mare ed imbarcarci su un volo per la Malpensa. La telecamera, nonostante la protezione in polietilene che la proteggeva, ha esalato l'ultimo respiro. Se non altro ha fatto il suo dovere fino alla fine.