04/01/2003

Mauritania 2002 - 6 - Da Akeilet edn Dhib a Oualata

Autore: Alberico Barattieri

Es Sba

Akeilet edn Dhib - Aratane - Enji

4 gennaio 2003

Ancora qualche km di "merdaio" e presto siamo costretti a rigonfiare le gomme. La sabbia lascia gradatamente il passo a grandi piattoni di roccia o di terra scura. Poi qualche passaggio su lastre di pietra e, all'apparire delle acacie, arriviamo al pozzo di Aratane. Le bocche sono una dozzina di cui circa la metà in efficienza. Eccetto il solito zozzone (io) tutti fanno una abbondante doccia. Maniaci!.

Dopo le abluzioni riprendiamo la marcia. La pista non è così ben marcata come ci si aspetterebbe.In breve giungiamo a Es Sba, un gruppo di grandi rocce scavate dal vento che si ergono dalla sabbia che ricopre la falesia. Facciamo uno stop per fotografare il luogo. Poco più avanti incontriamo Elephant Rock. Proseguiamo lungo una vallata che corre a sud della falesia.
Ogni tanto delle piccole dune isolate ci costringono ad aggiramenti. Smarriamo più volte la pista tracciata ma la conformazione del terreno ci consente di viaggiare nella giusta direzione. Incontriamo qualche nomade, soprattutto donne e bambini. Tutti propongono scambi con punte di freccia e altri piccoli reperti. Mauro, convinto che non sia possibile una così grande quantità di reperti, armatosi di pietre adatte allo scopo, si mette a fabbricare punte di freccia. La cosa gli riesce abbastanza bene. 

Donna all'Enji

Ci avviciniamo all'Enji, promontorio della falesia che costeggiamo da Aratane. Per accedervi bisogna utilizzare una passe ripida ed insabbiata. I bambini del piccolo accampamento di nomadi ci seguono correndo su per la salita. Arrivati alla rampa finale sgonfiamo le gomme. Athos mi cede la guida. Infilo una terza ridotta, schiaccio il chiodo e, zigzagando, arrivo alla sommità. Incredibile quanto riescano a galleggiare con un po' di velocità le 2,5 tonnellate del Toy. 

In cima all'Enji ci ricompattiamo alla ricerca della discesa "ancienne piste Paris Dakar". Il punto che secondo il gps dovrebbe essere quello giusto, in realtà non pare così facile. La discesa è ripida, insabbiata e con molte pietre affioranti. Roberto è convinto che si possa passare. Ma ormai comincio a conoscerlo: lui è come un camoscio e passa dappertutto, noi un po' meno. Fortunatamente, complici un paio di nomadi che ci indicano la direzione della "nouveau piste Paris Dakar" ed il fatto che sta tramontando, Roberto desiste dai suoi propositi.
Mentre ci stiamo per muovere giungono due cammelli con tre ragazzi locali a bordo che per diversi km ci scortano al trotto. Dopo qualche km, in prossimità di una piccola barcana, facciamo il campo. I tre ragazzi ci raggiungono e, come ormai d'abitudine, cercano di scambiare un po' di raschietti e punte di freccia.
Visto che ormai siamo un po' il loro "cinema", si siedono a terra e assistono alla preparazione di spaghetti aglio, olio e peperoncino. Contrariamente alle mele, che non hanno voluto (forse non ne hanno mai viste e temono la novità), gli spaghetti sono di loro gradimento. Ho notato che qualsiasi cosa si dia loro, alimentare e non, il riconoscimento dell'oggetto parte da una prima analisi olfattiva, uno scambio di opinioni e poi prosegue con l'eventuale manipolazione.

 

Decorazioni a OualataEnji - Oualata

5 gennaio 2003

Al mattino mi svegliano le voci (sempre un po' troppo alte di decibel) di ragazzi e donne locali che sono venuti a vedere "i bianchi". Insistenti più del solito ci costringono a partire velocemente. Dopo qualche km troviamo la discesa "nouveau piste Paris Dakar" che si rivela ripida ma semplice da percorrere (in discesa). In pochi minuti ci troviamo di nuovo sotto la falesia. Ci fermiamo presso alcune rocce dove troviamo dei ripari ed alcune incisioni rupestri.

Proseguiamo e ci re-immettiamo sulla pista che, passando sotto l'Enji, lo aggira e prosegue verso Oualata. Il terreno intorno a noi è costituito da rocce nere. Sulla sinistra la falesia, sulla destra, in lontananza, dune. La pista è abbastanza scorrevole anche se richiede attenzione per le pietre che ogni tanto sporgono dal fondo....Improvvisamente il verde. Un prato vero, con cammelli capre e bovini (!) al pascolo. Siamo abbagliati. Non vediamo tanto verde dal nord del Marocco. Ci fermiamo a fotografare questo spettacolo inatteso. Proseguiamo nel fondo valle. Il terreno è sabbioso e si viaggia a velocità sostenuta tra gli arbusti.Mano a mano che ci avviciniamo a Oualata i piccoli accampamenti lungo la pista diventano più grandi. Incontriamo il primo mezzo meccanico da giorni: un camion di locali che ha forato a cui diamo colla e pezze per riparare la camera d'aria. Ancora una manciata di km ed attraversiamo un boschetto di acacie che fa da anticamera a Oualata.

Donne a OualataScorgiamo il portale di ingresso (ma la pista passa a fianco) e seguendo le tracce entriamo in città. Stoppiamo davanti al posto di guardia dei militari dove veniamo circondati dai bambini. Finite le formalità cerchiamo un albergo. Giusto di fronte c'è l'hotel di proprietà del caid locale. E' chiuso ma lo aprono per noi. Grande trattativa per il prezzo, verifica del funzionamento delle docce ed infine ingresso delle auto nel cortile (isolamento necessario per non venire travolti dai tantissimi bambini).

Il tramonto si avvicina. E' l'ora giusta per andare a visitare la città. Scortati dai bambini, al seguito di Mohamed la guida, ci addentriamo tra le mura in banco, interrompendo il cammino ogni qualvolta troviamo delle porte decorate. Il disegno di base è simile per tutte ma cambiano di molto la decorazione ed i colori utilizzati.
Anche i muri in banco hanno superfici tutte differenti, forse dovute oltre che all'impasto anche all'applicazione dello strato di finitura usando le mani come cazzuola. 

Oualata

L'effetto che ne deriva è di superfici che vibrano ognuna in modo diverso, nonostante l'omogeneità dei materiali e delle tecniche di costruzione usate. Visitiamo anche il piccolo museo etnico nel quale, oltre ad oggetti di uso comune ben esposti, è interessante l'utilizzo della sabbia (finissima e non volatile, portata appositamente in loco da uno oued lontano) come pavimentazione: la sensazione è di camminare sulla moquette.

La popolazione è in maggioranza nera (Mali, Senegal) anche se, come ovunque in Mauritania, chi comanda sono i bianchi, cioè i Mauri. Le donne non sono velate, ti sorridono, e le più giovani non temono la cinepresa. Come già detto i bambini sono moltitudini e, a differenza di altri luoghi, pur pressandoti da vicino non sono invadenti e la parola "cadò" non risuona assillante. Con il sole ormai calato rientriamo all'albergo. Dopo le docce grande pranzo. Alle 7 la luce elettrica svanisce (il generatore è del caid e la notte gli serve per la tv). Sono l'unico a decidere di dormire in una delle due grandi camere a nostra disposizione. Polvere.


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