Erano molti anni che sognavo di andare a Oualata, la città dipinta. Il problema era trovare qualcuno con cui andare. Così quando nell'autunno del 2002 conobbi Athos che mi propose un posto da navigatore in una spedizione attraverso il deserto mauritano che sarebbe passata per Oualata non ebbi alcun dubbio. Un veloce preparativo ed eccomi sotto casa in un nebbioso mattino in attesa..
20 dicembre 2002
Alle 7, puntuale come un'orologio svizzero (hai visto mai), sullo sfondo di una nebbiosa via torinese compare la sagoma di un HDJ80 rosso. E' Athos, il mio "capomacchina" per questo viaggio. Ci conosciamo da poco ed il viaggio verso l'imbarco di Almeria ci serve come fase di studio reciproca. A tarda sera, stanchi, ci fermiamo in un distributore di benzina e dormiamo qualche ora.
Sabato 21 dicembre 2002
Partiti presto, dopo pochi chilometri incontriamo gli altri nostri compagni di viaggio. Dopo le presentazioni reciproche a bordo strada, insieme ci rechiamo al porto di Almeria. Discreto casino. Così come la coda per il visto a bordo.
Dopo una traversata di circa 5 ore sbarchiamo a Nador. Comincio a risentire del pollo al limone coraggiosamente consumato a bordo. Così, passate la laboriosa uscita dalla dogana del porto ed un po' di strada nel buio, quando arriviamo a Guercif resto a guardare, senza invidia, gli altri che mangiano. Dopo il pasto ed una manciata di km ci fermiamo ad un centinaio di metri dal nastro d'asfalto dove facciamo campo.
Domenica 22 dicembre 2002
Il sole non si è ancora levato quando partiamo per questa lunga tappa. Attraversiamo da nord est a sud ovest il Marocco fino a Tiznit. Roberto ci porta nel camping x pensionati locale (docce calde) e, dopo una cena buona ma con forti effluvi di frittura, si impegna nella distruzione morale del proprietario di un "modulidea" mettendola a confronto con la sua nuova "cellula" della GrandErg.
Lunedì 23 dicembre 2002
Alle 7 Pippo ci sveglia. Dopo una breve spesa partiamo. La strada è veloce e a ritmo di corsa superiamo Guelmin e Tan-Tan. In prossimità di Tarfaya, prima di Cap Juby, troviamo I soliti relitti di navi arenate. La piu' grande e piu' immortalata delle quali è ormai quasi completamente smontata. Arrivati a Laayoune acquistamo un po' di frutta e pane. Attenzione all'ingresso in città: subito dopo il controllo, nascosto in una Uno bianca, c'è un rilevatore della velocità. il limite è di 40kmh. Conviene rispettarlo alla lettera. Tra Laayoune ed il porto, traffico da ora di punta. Poi tiriamo fino a circa 100 km dopo Boujdour dove facciamo campo, solo in parte disturbati dal vento.
Martedì 24 dicembre 2002
Prima dell'alba ripartiamo. Giungiamo velocemente al bivio per Dakhla.
Un po' prima del confine ci fermiamo per uno spuntino ed imboscare i vhs. Si ferma una Land: è una troupe della tv marocchina che sta girando un documentario sul Sahara ex spagnolo. Intervistano Roberto sul tema: il sahaha è sicuro ed i turisti (e gli investitori) sono i benvenuti. Passiamo un altro posto di blocco, poi quello di Bir Guendouz ed infine giungiamo al confine. I doganieri stanno mangiando e dunque tocca aspettare. Quando l'uomo in divisa ha finalmente emesso un ultimo ruttino decide di occuparsi di noi. In breve veniamo vistati per l'uscita dal Marocco, non prima di esser passati dai colleghi della Police. Possiamo quindi procedere per pochi km fino all'ultimo blocco (vero e proprio confine, con strisce chiodate in terra).
Ora si viaggia su una pista malridotta circondati da relitti e campi minati. E' pur vero che la pista è sicura ma fa comunque un certo effetto. Ed ecco il confine mauritano.
Cambiamento di scena. Le strutture confinarie danno l'idea, così come le eterogenee divise dei militari, della diversità di condizione economica dei due paesi. Pagato l'obolo di ingresso (5 euro) passiamo alla dogana dove oltre ad un altro obolo (15 euro) Athos deve compilare una dichiarazione 'sull'onore' che non venderà la macchina. Alla dogana facciamo anche conoscenza con la guida Mohamed 'la pipe', contattato da Roberto telefonicamente, che ci porterà fino a Nouakchott attraverso il Banc d'Arguin.
Superata la dogana la pista si avvicina alla ferrovia e, dopo averla attraversata, la segue da vicino fino a Nouadhibou. Entrando in città sentiamo un rumore sordo. Per un attimo, a causa del terreno che vibra, penso ad un terremoto. È il treno che sopraggiunge, lento, rumomoso, lunghissimo.
Dopo aver cambiato un po' di 'unghie' (la moneta locale è l'ughia), troviamo ospitalità al camping Baia du Levrier dove ci attendono Luca e Oumou con il piccolo Bruno che, diretti in Senegal, viaggeranno con noi fino a Nouakchott. Pranziamo sotto una tenda all'interno del camping e andiamo a nanna presto.