Da Banjul ad Agadez #3

Autore: Alberico Barattieri

10 febbraio 2006

Bamako - Campo ad ovest di Sarro

 La mattinata si svolge tra il carico dei bagagli, una lauta colazione con scambio di indirizzi e trucchi per l'utilizzo dei nostri congegni elettronici (iPod, macchine foto, gps..). In tarda mattinata mettiamo finalmente in moto i nostri bolidi e ci immettiamo nel caos e nello smog della capitale. Imbocchiamo uno dei grandi ponti che attraversano il Niger e dopo un rifornimento di carburante e pane puntiamo in direzione di Segou. 

Giorgio LolliStrada asfaltata con un certo traffico ed attraversamento di numerosi paesini con gli infidi rallentatori. Abbiamo fame ed arrischiamo uno spuntino in un ristorantino a bordo strada. Non facciamo tempo a parcheggiare che compare un.. italiano. E' un imprenditore che da anni installa antenne di trasmissione in molti paesi dell'Africa occidentale. Socializziamo  addentando una carne non proprio ottima e la annaffiamo con una coca.
Giorgio Lolli da più di trent'anni in Africa è titolare della ditta Solaire con sede a Lomè in Togo che si occupa di installazioni di stazioni radio. Le sue realizzazioni (più di 500) coprono diversi paesi dell'Africa occidentale. Un uomo veramente fuori dalla norma ed entusiasta del suo non facile lavoro che affronta con spirito a metà tra l'imprenditore ed il missionario (qui un articolo su Giorgio Lolli). Un peccato dover proseguire. Ci sarebbero da passare ore, giorni, in sua compagnia.

Salgo per un tratto sulla macchina del Nonno e mi metto alla guida. Passare dal 61 all'80 è un vero shock. L'80 del Nonno è decisamente inguidabile. 

Una delle tante moschee lungo la pistaSotto i 1500 giri va a scatti e per partire obbliga a sfrizionare generosamente, in più tira tutto a sinistra e costringe ad una guida attenta. Arriviamo così a Segou dove facciamo un minimo di spesa per poi proseguire verso est.A pochi chilometri dall'abitato imbocchiamo una pista rossa sulla destra in direzione di Sarro - Djenné. Il cielo è coperto e la luce non è favorevole alle fotografie. Un vero peccato perché ogni villaggio che attraversiamo è dotato di una o più moschee in banco. Tutte simili ma tutte diverse, con dimensioni variabili. La gente è sorridente, i bambini gioiosi e curiosi. La vegetazione è sporadica, anche i baobab si rarefanno mano a mano che avanziamo. La maggioranza dei terreni mostra segni di aratura, segno che le terre, nella stagione favorevole dopo le piogge, sono estensivamente coltivate. Quando comincia a calare il buio usciamo dalla pista e facciamo campo. Fa caldo e vola qualche zanzara.

 

11 febbraio 2006

Campo ad ovest di Sarro - Mopti

Rientriamo sulla pista e ricominciamo la marcia di avvicinamento a Djenné. Ancora villaggi con moschea e pista scorrevole. Anche troppo. Il Nonno rischia grosso all'ingresso in un villaggio, quando gli esplode un pneumatico in curva. Per sua fortuna è quello interno e la sua corsa si ferma sul bordo della strada, contromano. Se fosse esploso l'altro lo avremmo recuperato giù dal terrapieno. Naturalmente questo evento è un diversivo per i bambini del villaggio, che ci circondano commentando le nostre operazioni di depannage. Piano piano comincia ad intuirsi il delta interno. Ogni tanto attraversiamo dei ponti su canali semiasciutti, costellati di piroghe in secca e la pista diviene un tracciato che corre su un terrapieno, sopraelevato rispetto al terreno circostante. Ciò si accentua quando siamo ormai in vista di Djenné.

La moschea di DjennéEntriamo in città attraversando vicoli stretti, tra case costruite in banco. Alcune di esse sono molto raffinate nella forma e nella decorazione a bassorilievo delle facciate. Filmo e guido, e la cosa è un po' complicata. Improvvisamente si apre una piazza ed appare la grande moschea. A quest'ora non c'è molta gente in giro. A parte i soliti ragazzotti che cercano di vendere qualcosa, solo dei radi passanti: qualche bambino, un carretto tirato da un asino, coppie di donne in vestiti multicolori. Condizioni favorevoli per scattare qualche immagine. Protetta dall'UNESCO la costruzione in banco è spettacolare per forma e dimensioni. L'accesso, come indica chiaramente un cartello a fianco della porta di ingresso, è strettamente vietato ai non musulmani. Bevute un paio di coke all'ombra degli alberi che circondano la piazza riprendiamo la marcia dirigendoci verso il bac. Una piccola chiatta che permette di attraversare il Bani e portarci verso la statale che ci condurrà a Mopti. Arriviamo mentre sta partendo, saliamo letteralmente al volo ed in cinque minuti siamo sull'altra riva. Tra un mese o due l'acqua del fiume sarà così bassa che il bac interromperà il servizio e si attraverserà guadando.

Tornati sull'asfalto ci portiamo a Sevarè, importante snodo stradale e passaggio obbligato per Mopti. Ci fermiamo al ristorante Makan Te, posto in uno splendido e ben curato giardino. Ottimi spiedini e frites tra il cinguettare degli uccelli e lo sguardo fisso di lucertole policrome. Dopo questo primo piacere, l'altro. L'albergo che ci aspetta a Mopti. Ma prima dobbiamo cercare dei pneumatici sani per il Nonno. Dopo lunghe discussioni sotto il sole che cuoce, restiamo intesi che la mattina dopo troveremo il pneumatico pronto.

Sul lungo terrapieno che porta a Mopti si viaggia tranquilli, circondati da campi in parte allagati. L'albergo è facile da raggiungere e, giuntivi, ci stravacchiamo tra doccia e piscina.

Pinasse sulla riva viste dal Bar BozoIl Nonno ci richiama all'ordine. Scendiamo sulla riva del fiume di fronte all'albergo e noleggiamo una pinasse. Detto così sembra semplice. In realtà, dopo aver trovato il proprietario ed aver concordato il prezzo, bisogna dargli un anticipo in modo che possa andare a comperare quei due litri di miscela necessari a fornirci il servizio. Attendiamo il suo ritorno. Il sole sta calando rapidamente ed i colori si fanno tenui e rosati. Finalmente salpiamo. Si va al Bozo Bar, sul porto, a berci una birra ed a guardare l'attività (relativamente) frenetica intorno alle pinasse da carico. Il tragitto scivola via in pochi minuti. Sulla riva si fa il bucato, si lavano automobili, ci si lava.. insomma, si vive.

Al Bozo Bar ci ritroviamo in un clima da assalto al turista che non si smorza neanche ai tavoli vicini al nostro. Noi invece, per imperscrutabili motivi, veniamo lasciati in pace, il che ci permette di gustarci la birra gelata e contemplare le attività sulla spiaggia.

Quando anche l'ultimo barlume di luce scompare, rimontiamo sulla nostra pinasse e torniamo all'albergo dove, a dispetto della hall pretenziosa, il servizio di buffet è decisamente scadente e mi costringe a saltare quasi tutte le già non varie portate.


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