Da Banjul ad Agadez #1

Autore: Alberico Barattieri

BanjulTorino - Banjul (Gambia)

5 febbraio 2006

L'aereo è il mezzo più veloce che abbiamo a disposizione ma dopo esserci stato sopra per otto ore, la sensazione è che sia lentissimo. Abbiamo sorvolato mezza Africa Occidentale, passando sopra il Marocco, il Sahara ex spagnolo (ma non siamo riusciti ad individuare il famoso "muro"), la Mauritania ed il Senegal prima di atterrare all'aeroporto di Banjul, capitale del Gambia. 

Ex colonia britannica (fa ora parte del Commonwealth) abbarbicata alle sponde del fiume che le da il nome il Gambia oltre all'Atlantico confina solo con il Senegal. Bella gente sorridente, relativa ricchezza ed organizzazione britannica nelle piccole cose esteriori, come le divise delle scolaresche. Le sue spiagge sono lunghissime ed il mare è color verde chiaro, nonostante si tratti dell'Atlantico.

Ad attendere me e Marco ci sono il Nonno ed il camping di Peter, abituale punto di riferimento per i viaggiatori fuoristradisti di passaggio. Unica preoccupazione: dormire, ma non prima di essersi cosparsi di Autan ed aver controllato la tenuta delle zanzariere (1).

(1) - Tutti i paesi visitati in questo viaggio sono a rischio malaria. Anche nelle sue forme più virulente (Falciparum).

 

Banjul - Kolda

6 febbraio 2006

Il ristorante del Sukuta Camp a BanjulSu suggerimento di Peter, mitico gestore del Sukuta Camp che ci congeda donandoci una confezione di un farmaco molto efficace (introvabile in Italia) per curare la malaria, ci dirigiamo alla frontiera sud con il Senegal verso la regione della Casamance dove le pratiche doganali sono più veloci che al nord e dove, sorpresa, la dogana senegalese ci rilascia velocemente un passavant valido otto giorni, non ci obbliga al pagamento di alcuna tassa sui nostri non più freschi veicoli e non ci appioppa nessun poliziotto per il tragitto verso il Mali. Una pacchia!

Il territorio che percorriamo, tagliando ogni tanto qualche braccio del Casamance (il fiume) è bello e vario. Ai lati della strada scorgiamo scimmie, mandrie di bovini. Uccelli trampolieri e limicoli invadono ogni più piccolo specchio d'acqua. La gente è sorridente ed i piccoli villaggi hanno un aspetto ordinato. Ogni tanto qualche posto di blocco con poliziotti gentili, uno dei quali ci segnala che esiste una nuova strada più scorrevole (non segnata sulle carte) che taglia fuori buona parte della statale verso Tambacounda. Con qualche dubbio la imbocchiamo e passiamo così attraverso altri bei villaggi, spesso sulle rive di qualche affluente del Gambia.

Alle 18 siamo a Kolda, città caotica e sporca e superatala facciamo campo a pochi metri dalla strada.

 

Kolda - Campo a sud di Lontou lungo il fiume Senegal

7 febbraio 2006

Sveglia all'alba e partenza in direzione di Tambacounda. La strada è asfaltata ma per lunghi tratti è cosparsa di buchi e siamo costretti a dei veri e propri zigzag per non demolire le macchine. Il Nonno traccia la via e noi lo seguiamo. 

A Tambacounda l'unico sportello bancario che troviamo è dotato anche di una coda infinita. Lasciamo quindi questo grosso centro (all'uscita della città in direzione di Kidira vi sono i quartieri amministrativi) senza CFA (2), contando sulla possibilità di cambiare presso i distributori di benzina.

Il fortino trasformato in scuola

Da questo punto, fino a Bamako in Mali, le rotaie della ferrovia che collega la capitale maliana con Dakar ci saranno compagne di viaggio. L'asfalto è scorrevole, il traffico scarso e questo ci consente di viaggiare abbastanza velocemente verso il confine. Villaggi scorrono al fianco della ferrovia, spesso con la vecchia stazione ed il serbatoio dell'acqua delle locomotive di un tempo, in stato di abbandono.

Giunti a Kidira, dopo aver fatto i pieni ci rechiamo al posto di frontiera. La dogana è all'inizio del ponte sul Senegal ma l'ufficio della Polizia che ci deve vistare i passaporti per l'uscita si trova in città. In una mezz'oretta abbiamo fatto tutto ed attraversiamo il ponte. Sotto di noi, sulle sue rive, le donne lavano i panni. 

Appena attraversato il ponte, sulla sinistra della massicciata si trova il controllo della polizia del Mali. Ci vistano velocemente i passaporti, non prima di averci estorto una fantomatica tassa di 1000 CFA per auto e per persona. Qualche centinaio di metri e questa volta sulla destra c'è la dogana. Anche qui le trattative sono lunghe ma dopo una mezz'ora di discussioni abbiamo il nostro passavant e possiamo proseguire. Fa un caldo bestiale e ci fermiamo ai lati della strada in terra rossa appena tracciata per una sosta caffè (3) all'ombra di un baobab.

Corriamo verso Kayes, una città abbastanza ordinata per lo standard locale. Ci fermiamo per fare Gasolio, riempire le nostre ghirbe d'acqua ed acquistare pane, arance e banane prima di imboccare la pista che scendendo verso sud costeggia il fiume Senegal. All'uscita della città scorgiamo alcune costruzioni di epoca coloniale che rivelano il rispetto per i colori e le forme locali dovuti al buon gusto dei progettisti dell'epoca. A breve distanza dalla città costeggiamo una modernissima centrale elettrica. Poi la pista diventa lenta e polverosa. 

Le rapideUna breve salita ci porta al primo villaggio presso il quale si trova un vecchio fortino che è stato ristrutturato ed adibito a scuola. Poco dopo il villaggio seguente (Lontou) vi sono delle rapide e al loro fianco una vecchia ma funzionante centrale elettrica. La pista è lenta ma polverosa e basta che un camioncino si frapponga tra noi ed il Nonno (che quando è su pista ha la tendenza ad imitare Auriol) per non vederlo più.

Sbagliamo pista, siamo troppo ad ovest rispetto alle tracce del nostro gps. Solo qualche centinaio di metri ma il terreno è accidentato e la vegetazione ci impedisce di portarci più ad est. Torniamo indietro di un paio di km e troviamo la pista corretta. Sabbiosa e scavata corre in mezzo alle piante ed in assenza di vento tende a far sembrare il tutto, a parte la temperatura, come coperto da una spessa coltre di nebbia padana. Solo che è polvere, finissima, che si insinua ovunque e lascia davanti a noi una decina di metri di visibilità. Chiudiamo i finestrini ed attacchiamo l'aria condizionata per pompare aria dall'interno e limitare la polvere nell'abitacolo. Andiamo avanti così per un bel pezzo. Pù volte attraversiamo villaggi di gente sorridente.

Quando il tramonto è ormai prossimo cerchiamo un luogo per fare campo ed al secondo tentativo, per puro caso, troviamo un luogo idilliaco in riva al fiume. In pochi minuti il campo è montato e mentre cuoce qualcosa sul fornelletto, il Nonno si abluziona letteralmente di Autan spray. Roba da sterminare qualsiasi forma di vita nel raggio di due chilometri. Ci infiliamo presto nelle nostre tende mentre uccelli di tutti i tipi fanno un chiasso infernale che, col calare della notte, si smorza gradualmente.

(2) - CFA, comunemente detti Sefa, è la moneta corrente in buona parte dell'Africa occidentale ex francese.

(3) - Da bravi italiani viaggiamo con moka e fornelletto apposito al seguito. Naturalmente ogni momento è buono per estrarre il tutto dal bagagliaio ed improvvisare una pausa caffè!



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