02-11-2004
Bilma - Fachi
Oggi si affronta il Ténéré. Il sole non si è ancora levato che partiamo veloci in direzione di Fachi. Il percorso non presenta particolari problemi di orientamento in quanto si segue il corso dei cordoni di dune. Quando il sole si alza abbiamo una visione: crediamo sia un effetto ottico ma il deserto di fronte a noi pare verde. Mano a mano che ci avviciniamo constatiamo che si tratta di lunghi fili d'erba non troppo fitti. Un altro regalo che il Ténéré ci fa. Non è una scena così frequente. Corriamo su questo prato per diversi chilometri, quasi preoccupati di schiacciare questo miracolo della natura che sfida l'aridità. Incontriamo due donne dalle vesti coloratissime con il loro cammello. Si tratta di pastori che hanno condotto il loro gregge di capre ad approfittare di questa manna verde che, come ci spiega Mhamudane, dura per un periodo molto breve, prima di arrendersi al secco e freddo inverno.
Un paio di insabbiamenti e poi, lungo la nostra stessa rotta ecco una carovana, anzi due, a poca distanza l'una dall'altra. Le superiamo per farci raggiungere e dare sfogo ai nostri famelici obiettivi. In religioso silenzio (o quasi) ascoltiamo il tipico schioccare del palato dei dromedari ed il ritmico sottofondo sonoro del loro avanzare nella sabbia. E' un momento di tempo sospeso. Quanto sarà durato? Non lo so. Forse cinque, dieci minuti. Immagini emozionanti ed indimenticabili.
A malincuore lasciamo dietro di noi, con il loro incedere lento, le carovane e ci lanciamo lungo il gassi che stiamo percorrendo dalla partenza. La sabbia in certi punti è molle ed ogni tanto qualcuno si insabbia, ma sono stop di pochi minuti. Cerchiamo un passaggio nel cordone alla nostra sinistra per poter scendere un pò di latitudine e dopo un paio di ricerche infruttuose finalmente scavalliamo il cordone. Siamo in rotta per la falesia dell'Agram che nasconde l'oasi di Fachi. Prima di arrivarvi incontriamo ancora una carovana che si dirige verso Bilma.
La falesia dell'Agram è una emersione rocciosa in un mare di sabbia. La attraversiamo più o meno a metà dove si apre una facile passe. La discesa sul lato ovest è spettacolare e porta ad una delle numerose palmerai che formano l'oasi. Sostiamo per lo spuntino sotto un paio di grandi acacie. Sotto il sole a picco ci dirigiamo verso Fachi e una volta raggiuntala la attraversiamo per recarci alle sue saline, a ridosso della falesia. La zona sembra disabitata ma tra le sue strutture notiamo come i magazzini siano pieni di pani di sale, così come molti spazi all'aperto, segno evidente che la fase di produzione è ormai terminata e si avvicina il momento della vendita alle carovane. Il sale di Fachi è considerato di qualità inferiore a quello di Bilma ed è principalmente utilizzato per l'alimentazione animale. Le saline vere e proprie hanno vasche più estese di quelle di Bilma ed i loro colori sono molto più vari: si passa dal verde all'arancio con infinite sfumature intermedie. Ogni vasca è contrassegnata da un piccolo pinnacolo di sale, la cui forma ne indica la proprietà. Se non fosse per il caldo, l'aria immobile e l'immancabile trattativa per qualche oggetto d'epoca, sarebbe un luogo perfino poetico.
Lasciamo le saline per raggiungere la città. Facciamo una sosta presso un affollatissimo pozzo. Mentre alcuni di noi visitano la scuola coranica per consegnare del materiale didattico, altri giocano e scherzano con la miriade di bambini che attorniano le automobili alla ricerca di stilo-bonbon. Ripartiamo verso Agadez, lungo la pista indicata da numerose balise: molte sono coricate o in cattivo stato.
Non percorriamo tanti chilometri. Al tramonto facciamo campo a ridosso di un cordone di dune.