Sono arrivato a Kampala la sera di mercoledì 27 maggio, dopo aver incontrato a Bruxelles Teresa, il medico/laboratorista con cui faccio il viaggio. E una signora un po' più anziana di me che ha passato molti anni in Africa, principalmente in Tanzania, molto tranquilla e poco socievole. Ogni tanto lavoro con lei, ma di base no. Ci sono venuti a prendere all'aeroporto di Entebbe con l'auto del progetto (una grossa Toyota fuoristrada bianca con scritto sulle fiancate Cooperation Italian AIDS Project) Sandro Accorsi, il capo progetto, un medico di 44 anni con la moglie Nicoletta e la figlia di due anni Marianna. Siamo rimasti fino a sabato mattina a Kampala vivendo in una villetta sulle colline con tanto di servizio (pasti, ecc.). Siamo andati a una riunione di cooperazione in ambasciata, e a vedere il progetto PETRA (PErinatal TRAnsmission, trasmissione del virus HIV dalla madre al feto). Venerdi sera pranzo dal capo della cooperazione con tante bellissime donne Tutsi Rwandesi.
Sabato mattina, partenza per Gulu. Quattro ore di strada nell'auto colma all'inverosimile, con passaggio del Nilo in un punto bello e selvaggio. Arriviamo a Gulu, una piccola cittadina, ma l'ospedale si trova a Lacor (pronuncia Lacior), a 7 Km fuori città. E una grande struttura con preti, suore, chiesa, edifici ospedalieri, case per il personale, e la Guest House, dove sono installato.La parte ospedale vera e propria puo' colpire parecchio, soprattutto quando non si è abituati a vedere ospedali in Africa.
E una grande struttura su due piani che si sviluppa intorno a un vasto cortile interno. Le corsie hanno facilmente venti letti, ed è abbastanza impressionante la pediatria, in cui non solo sono tutti occupati, ma anche il pavimento, e persino sotto i letti (ma solo di notte, di giorno le mamme stanno con i bambini in cortile, tranne i più gravi). Nel cortile sono installate le famiglie dei malati, che gli preparano i pasti. Nel complesso dell'ospedale c'è anche una specie di campo profughi. C'è un grosso contrasto con la parte dove abitiamo, con la sua guest house, villette dei medici, prato, orti, pollaio, allevamento di conigli, chiesa, case delle suore, piscina (!), eccetera.
La guest house è una grande casa di nove camere con bagno, una sala comune/sala da pranzo e una cucina, con servizio (camere, lava/stira, tre pasti). Si vive come in comunità; ci sono due americani: Hans, un medico già di una certa età, che ha passato la vita tra USA, Australia, Africa, e la moglie. Gli altri sono tutti Italiani: Maura e Lella, fisioterapeute piemontesi; Emanuela, pediatra mantovana, Paola, biologa sarda, che sarà sostituita da Teresa (la mia compagna di viaggio) in laboratorio, Alberto, strano personaggio Milanese, il Prof. Bonini, chirurgo, che ha lasciato il primariato a Pavia per venire a fare il volontario, e che ci racconta storie pazzesche di quando era a Kampala sotto il regime di Idi Amin Dada e il suo ruolo nel famoso dirottamento di Entebbe; e un nutrito gruppo di tecnici-elettricisti-operai, che piantano un gran baccano la sera urlando attraverso tutto il tavolo litigando su questioni tipo diametro di fili e tubi e amperaggio di fusibili, e tanti altri di cui vi racconterò. Abbiamo anche, come ho già detto, una piscina. Nell'edificio dove lavoro io, C'è un ufficio con dei vecchi computer, e un laboratorio con quanto serve per lavorare.Le mondanità non abbondano; di fronte all'ospedale c'è un simpatico baretto.
E un po' complicato andare a Gulu, si può prender un pulmino che parte quando è pieno, trovare un passaggio o andare in bicicletta (ne abbiamo 2 a disposizione, ma la strada in terra è faticosa). E una simpatica piccola cittadina con un centro porticato e un bel mercato. In guest house la sera guardiamo dei video o facciamo giochi di società. Qui non c'è televisione ne telefono. Per telefonare bisogna andare fino al post office, pedalando, e poi magari si aspetta ore per avere la linea. Pero quando è domenica o giorno di festa, mi capita di andare in bicicletta (e una volta a piedi) per il piacere di farlo con Emanuela fino a Gulu, è una bella gita!
In certe cose siamo autosufficienti: sono partito senza andare dal parrucchiere, allora arrivato qui ho fatto un scelta coraggiosa: via tutto! Maura ha preso una di quelle macchinette, e mi ha rapato. Non spaventatevi, è successo all'inizio, i miei capelli stanno già ricrescendo.
L'altra sera ho tentato di coprirmi di gloria facendo una crème caramel, ma si è disfatta, perché non sono riuscito a raffreddarla abbastanza, inoltre le uova locali (ho dovuto fare quattro botteghe per ottenerne 20) non mi convincono: hanno il giallo che si disfa. Era buona lo stesso.
Giovedì e venerdì della settimana scorsa sono andato con Sandro (il capo progetto) all'ospedale di Matany, in piena Karamoja, vicino alla frontiera con il Kenya.
E una regione molto diversa, non è verdeggiante come qui, è molto più secca, e la gente, i Karimojong, sono un popolo Nilotico che, al contrario degli abitanti del resto del paese, hanno mantenuto le loro tradizioni di abbigliamento e decorazione personale (ricordano un po' i Masai).
Laggiù, assolutamente in mezzo al nulla, c'è un ospedale missionario molto bello, molto ben amministrato, che ha tra l'altro una cosa ammirevole: siccome l'elettricità non c'è per niente, hanno messo su un sistema di pannelli solari il quale, con l'aiuto di un piccolo generatore, copre i bisogni dell'ospedale.